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mercoledì 15 ottobre 2014

Ma, un giorno, saremo davvero dei leader migliori?

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Proprio ieri, nel mio post di “ripartenza”, scrivevo quanti buoni e begli insegnamenti ci arrivano da tutte quelle persone che con il web (e non solo) lavorano ogni giorno.

Ebbene, girando per siti/blog/profili/note eccetera, sono anni che mi imbatto, come penso capiti anche a te ogni 2 per 3, in disquisizioni, regole e consigli di altissimo livello sul tema delle tecniche di leadership. Senza contare le centinaia e centinaia di pubblicazioni sull'argomento, dai titoli più o meno incredibili (dalla promessa di diventare campioni di leadership in una settimana a capolavori filosofici riletti “per il manager”).

Dimmi un po', caro lettore: ti sembra che finora, tra i veri o presunti leader con cui sei sicuramente entrato in contatto, questi insegnamenti saggi, illuminanti e possano dirsi entrati nel comune sentire ed agire?

Probabilmente no. Questo per diversi fattori, da quello generazionale a quello “tra il dire e il fare...”. Certo, ci sono delle eccezioni (io stesso, per fortuna, posso dirlo: c'è gente davvero in gamba, là fuori, ma è ancora in minoranza).

Ecco, se qualcosa deve dimostrare “l'invasione di consigli(eri)” di questa epoca, è proprio quella di essere utile. Lo stesso concetto che viene predicato da tutti i più-o-meno-guru del web-social: l'utilità che deve illuminare ogni sortita internettiana. Il contenuto utile, questo Santo Graal, come già ho scritto pure io.

Il mondo migliora soltanto se sappiamo migliorarlo: quindi, nel nostro piccolo, se tutti, alla prova dei fatti, messi davanti ad una esperienza di leadership riusciremo a dare il meglio seguendo quei precetti di umiltà, creatività, ascolto, condivisione e psicologia.

E tu mi dirai: dipende da come è fatta una persona, in fondo. Uno stronzo rimarrà sempre uno stronzo, dai libri prenderà solo quello che vuole e umanamente rimarrà comunque insopportabile. Uhm, come darti torto?

Se ragioni così, però, hai comunque la possibilità di cambiare le cose: segui la tua passione e cerca di diventare indipendente. Dunque, primo passo, cercare di diventare leader.

Secondo passo: rivelarsi migliore di “chi ci ha preceduto”, in tutti i sensi, anagrafico in primis.

Alla prova dei fatti, è comunque difficile. È difficile gestire una squadra, comprendere e affrontare ogni singola e spesso legittima esigenza di chi lavora con noi, settare e far rispettare le scadenze, rimproverare e poi premiare, tenere sotto controllo ogni singolo aspetto.

Ci vuole più umanità, più intelligenza emotiva, più sincerità assoluta o – quando si va a fare i conti con la realtà quotidiana – conta di più avere polso ed essere inflessibili (per non dire stronzi), per ottenere risultati? I “vecchi metodi” e la distanza empatica pagano di più di queste nuove dottrine che ci sentiamo ripetere ormai da ogni angolo del web?

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